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Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia

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Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia,
condivide il nostro stesso cammino,
anzi si fa cibo,
il vero cibo che sostiene la nostra vita
anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi.
E nell’ Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada,
quella del servizio, della condivisione, del dono,
e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo,
se condiviso,
diventa ricchezza,
perché la potenza di Dio, che è quella dellamore,
scende nella nostra povertà
per trasformarla.

(Papa Francesco, Corpus Domini 2013)


[Inviato da Dony su “ Innamorati della Lode – ML“]

Il sale nella vita di un cristiano.

Che cos’è il sale nella vita di un cristiano, quale sale ci ha donato Gesù?[…]Il sale che ci dà il Signore, ha osservato, è il sale della fede, della speranza e della carità.[…]“Il sale ha senso quando si dà per insaporire le cose. Anche penso che il sale conservato nella bottiglietta, con l’umidità, perde forza e non serve.Il sale che noi abbiamo ricevuto è per darlo, è per insaporire, è per offrirlo.”[…]Possiamo far vedere il sale: questo è il mio sale. Ma che bello che è! Questo è il sale che ho ricevuto nel Battesimo, questo è quello che ho ricevuto nella Cresima, questo è quello che ho ricevuto nella catechesi… Ma guardate: cristiani da museo! Un sale senza sapore, un sale che non fa niente!”.

(Papa Francesco)





Un mese con Papa Francesco, la forza della tenerezza

E’ passato un mese dall’elezione alla Cattedra di Pietro del cardinale Jorge Mario Bergoglio. Fin dai primissimi momenti del suo Pontificato, Papa Francesco ha conquistato fedeli e non, con la sua semplicità, la sua tenerezza, la sua spontaneità. Alcune sue parole come alcuni suoi gesti fanno già parte della memoria collettiva. Nel servizio di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcuni momenti di questo primo, intenso mese di Papa Francesco:RealAudioMP3 

Un mese con Papa Francesco, eppure sembra che sia sempre stato con noi. Quel “buonasera”, rivolto ai fedeli pochi minuti dopo l’elezione e che tanto aveva stupito per la sua sorprendente semplicità ha ora il sapore della familiarità per tutti e non solo per i fedeli di Buenos Aires che, negli anni, hanno imparato a conoscere e amare lo stile semplice, umile, in una parola evangelico del loro pastore. Vescovo e popolo appunto. Un binomio che Francesco ha voluto subito richiamare affacciandosi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, la sera del 13 marzo. Popolo al quale il nuovo vescovo di Roma, in modo inedito, ha chiesto di pregare inchinandosi per riceverne la benedizione: “E adesso vorrei dare la benedizione, ma prima, prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo che chiede la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”. (13 marzo 2013, Prime parole dopo l’Elezione)
Il giorno dopo l’Elezione, come annunciato ai fedeli, Papa Francesco si reca di mattina presto alla Basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio alla Vergine. Il nuovo vescovo di Roma porta dei fiori alla Madonna. Un gesto che richiama con forza la dimensione mariana di Jorge Mario Bergoglio. Poi, nel pomeriggio, la prima Messa celebrata da Papa, nella Cappella Sistina, assieme a quelli che chiama “fratelli cardinali”. Papa Francesco incentra la sua omelia su tre parole, tre verbi: camminare, edificare, confessare. Al centro di queste azioni che contraddistinguono la vita di discepoli di Cristo, è il suo monito, deve sempre esserci la Croce:
“Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore”. (Messa pro Ecclesia, 14 marzo)

E sempre ai cardinali, ricevuti il 15 marzo in udienza, chiede con forza di non cedere “al pessimismo”, all’amarezza che il “diavolo ci offre ogni giorno”. Non bisogna cedere al pessimismo, osserva, perché “lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione”. Nei primissimi giorni di Pontificato, sembra a tutti naturale pensare che il nome scelto dal Papa sia legato a San Francesco d’Assisi. Un pensiero che lui stesso conferma incontrando i giornalisti di tutto il mondo in Aula Paolo VI. Il Santo Padre confida alcune emozioni vissute al Conclave e in particolare rammenta l’invito del cardinale brasiliano Hummes a non dimenticare i poveri:

“’Non dimenticarti dei poveri!’. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. (…) E’ l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero … Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. (Udienza ai giornalisti, 16 marzo)

La prima domenica da Papa viene vissuta da Francesco come una “giornata normale”. E’ un sacerdote, un vescovo, e dunque celebra una Messa nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano. All’uscita, tra gioia e stupore, va a salutare i tantissimi fedeli che si sono assiepati fuori dall’ingresso. E’ il primo bagno di folla per Papa Francesco, di un pastore che non vuole sottrarsi all’abbraccio dei suoi fedeli. E che rientra nella logica della Misericordia, nel Dna di Jorge Mario Bergoglio come si coglie anche dal suo motto episcopale, Miserando atque eligendo. Non stupisce, perciò, che nel primo Angelus davanti ad una Piazza San Pietro gremita, parli proprio dell’amore di Dio che mai si stanca di perdonare:

“Lui, mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti”. (Angelus, 17 marzo)

Passano due giorni e Piazza San Pietro torna a riempirsi, stavolta non solo di semplici fedeli ma anche di capi di Stato e leader religiosi, tra cui il Patriarca ecumenico Bartolomeo I. E’ il 19 marzo, festa di San Giuseppe patrono della Chiesa universale, e Papa Francesco celebra la Messa per l’inizio del suo ministero petrino. Il Papa percorre più volte la piazza a bordo della sua jeep scoperta e più volte si ferma per salutare i fedeli, per baciare i bambini. Va incontro ai malati, ai sofferenti, ai disabili: li benedice, li abbraccia. L’abbraccio amorevole di un padre ai figli che hanno più bisogno. Ad ascoltare il 266.mo Pontefice ci sono, dunque, i potenti della Terra, ma Francesco ha voluto vicino a sé anche gli ultimi, come un rappresentante dei poveri cartoneros di Buenos Aires. Dell’omelia, focalizzata sul tema del “custodire” il prossimo e il creato, rimarrà nella memoria il passaggio sul potere come servizio:

“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce”. (Messa di inizio Pontificato, 19 marzo)
E uno dei servizi che il Papa può rendere all’umanità è quello di essere costruttore di ponti, Pontefice appunto, e promotore di pace. San Francesco è l’uomo del dialogo e il Papa che, per primo, ha preso il suo nome vuole mettersi sul cammino del Poverello d’Assisi, come dirà agli ambasciatori di tutto il mondo, nell’udienza al Corpo diplomatico presso la Santa Sede:
“Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare!”. (Udienza a Corpo diplomatico, 22 marzo)

Il giorno dopo, un evento che entra nei libri di storia: Papa Francesco incontra Benedetto XVI a Castel Gandolfo. Per la prima volta un Papa abbraccia un Papa emerito. E’ l’abbraccio tra due “fratelli”, come Francesco sottolinea in un momento di grande commozione. Significativamente questo avvenimento unico avviene alla vigilia della prima Settimana Santa celebrata dal nuovo vescovo di Roma. Il 24 marzo, Domenica delle Palme, un tiepido sole riscalda gli oltre 200 mila fedeli che sono convenuti in Piazza San Pietro per la Messa. Tantissimi i giovani presenti e proprio a loro, il Santo Padre rivolge parole di incoraggiamento:
“E per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù”. (Domenica delle Palme, 24 marzo)

Il Giovedi Santo, il Papa va dunque a ribadire di persona questa esortazione ai giovani detenuti del Carcere romano di Casal del Marmo. Papa Francesco lava i piedi a 12 di loro, tra cui due ragazze. A questi giovani, porta “la carezza di Gesù”, la misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare. Prima della Messa in Coena Domini, celebrata nel carcere minorile, la mattina il vescovo di Roma aveva celebrato la Messa crismale con i sacerdoti della sua diocesi. Nell’omelia, l’invito ai preti romani, e non solo, ad uscire da se stessi e ad andare nelle periferie, fisiche e esistenziali, dove il popolo soffre di più. Un pastore, avverte, non può non conoscere le sue pecore:

“Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini”. (Messa crismale, 28 marzo)
E un pastore, anzi ogni cristiano – ricorda alla sua prima Via Crucis al Colosseo – deve sapere che la “Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo”. Ecco da dove nasce la speranza del cristiano, proclama con forza la Domenica di Pasqua: dall’amore di Gesù che ha vinto la morte. Sono passate meno di tre settimane dall’elezione e Papa Francesco torna ad affacciarsi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana. “Cristo è risorto”, annuncia con il volto gioioso. E nel messaggio pasquale incoraggia tutti, “a Roma e nel mondo”, a lasciarsi trasformare da Gesù: “Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire il creato e far fiorire la giustizia e la pace”. (Benedizione Urbi et orbi, 31 marzo)

Prima della Benedizione Urbi et Orbi, Papa Francesco aveva girato più volte a bordo della sua jeep scoperta in Piazza San Pietro per salutare quanti più fedeli possibili. Tanti i bambini che il Santo Padre bacia e benedice, come avverrà in ogni udienza generale. Commuovente l’abbraccio prolungato che riserva ad un giovane disabile. Immagine che è già un simbolo del Pontificato. Tra i gesti che colpiscono, in queste prime settimane, la scelta del Papa di rimanere ad abitare nella Casa Santa Marta. Ogni mattina, il Santo Padre celebra una Messa nella Cappella della Domus. Le omelie sono sintetizzate dalla nostra emittente, e così i fedeli di tutto il mondo possono avere il commento del Papa al Vangelo del giorno. Ecumenismo, impegno per i poveri, slancio verso la nuova evangelizzazione: sono tra i temi che il nuovo Papa mette al centro del suo ministero già nel primo mese. Tra questi spicca anche il rilievo che il Papa attribuisce ai laici e in particolare alle donne. All’udienza generale del 3 aprile, tra gli applausi della Piazza, Papa Francesco elogia il genio femminile al servizio del Vangelo:

E questo è bello, e questo è un po’ la missione delle donne, della mamme, delle nonne. Dare testimonianza ai loro figli, ai loro nipotini, che Gesù è vivo, è vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza!”. (Udienza generale, 3 aprile)
“Avanti con questa testimonianza”. Un’esortazione che, con parole diverse ma con lo stesso spirito, Papa Francesco ripete domenica 7 aprile quando al Regina Caeli in Piazza San Pietro richiama il Beato Wojtyla nell’esortare i fedeli a non avere paura di annunciare Gesù e di portarlo anzi nelle piazze tra la gente. E una piazza l’aspetta con trepidazione il pomeriggio. E’ Piazza San Giovanni in Laterano, gremita di fedeli per la presa di possesso della Basilica Lateranense, della sua Cattedra di vescovo di Roma. Vescovo e popolo. Il binomio, con cui si era presentato al mondo la sera del 13 marzo, torna a risuonare con grande forza nel saluto che Papa Francesco rivolge ai romani:

“E andiamo avanti tutti insieme, il popolo e il vescovo, tutti insieme, avanti sempre con la gioia della Risurrezione di Gesù: Lui sempre è al nostro fianco”. (Messa in San Giovanni in Laterano, 7 aprile)


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/13/Un%20mese%20con%20Papa%20Francesco,%20la%20forza%20della%20tenerezza/it1-682186
del sito Radio Vaticana 

Papa Francesco: non giudicare né sparlare mai, il cristiano è mite e caritatevole.


Lo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni ai suoi membri ad essere miti, rinunciando a sparlare degli altri. Con questo auspicio, Papa Francesco ha concluso l’omelia della Messa celebrata questa mattina nella “Casa S. Marta”, alla presenza di personale del Fondo di Assistenza sanitaria del Vaticano e dei Servizi generali del Governatorato. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Erano un cuor solo e un’anima sola, grazie allo Spirito che li aveva fatti rinascere a una “vita nuova”. Ciò che all’anno zero della Chiesa ha saputo essere la prima comunità cristiana è modello intramontato e intramontabile per la comunità cristiana di oggi. Papa Francesco l’ha ribadito in modo incisivo partendo dal dialogo evangelico tra Gesù e Nicodemo, il quale non afferra subito in che modo un uomo possa “nascere di nuovo”. Di nuovo, ha ripetuto il Papa, vuol dire dallo Spirito Santo, “è la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo”. Vita – ha però soggiunto – che “si deve sviluppare”, “non viene automaticamente”. Dobbiamo “fare di tutto – ha affermato Papa Francesco – perché quella vita si sviluppi nella vita nuova”, “è un laborioso cammino”, che “principalmente dipende dallo Spirito” e insieme dalla capacità di ciascuno di aprirsi al suo soffio.

E questo, ha indicato il Papa, è esattamente ciò che accadde ai primi cristiani. Loro avevano la “vita nuova”, che si esprimeva nel vivere con un cuore solo e un’anima sola. Avevano, ha osservato, “quell’unità, quell’unanimità, quell’armonia dei sentimenti nell’amore, l’amore mutuo…”. Una dimensione oggi da riscoprire: per esempio – ha detto Papa Francesco – l’aspetto della “mitezza nella comunità”, virtù “un po’ dimenticata”. La mitezza, ha stigmatizzato, ha “tanti nemici”. Il primo sono le “chiacchiere”. Papa Francesco vi si è soffermato con molto realismo: “Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro – sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me – sono tentazioni del maligno che non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza nelle comunità cristiane”. “Sempre – ha constatato – ci sono queste lotte”: in parrocchia, in famiglia, nel quartiere, tra amici. “E questa – ha ripetuto – non è la vita nuova”, perché quando lo Spirito viene “e ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli”.

Quindi, come un maestro di fede e di vita, il Papa ha ricordato quale sia il comportamento giusto per un cristiano. Primo, “non giudicare nessuno” perché “l’unico Giudice è il Signore”. Poi “stare zitti” e se si deve dire qualcosa dirla agli interessati, a “chi può rimediare alla situazione”, ma “non a tutto il quartiere”. “Se, con la grazia dello Spirito – ha concluso Papa Francesco – riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti” e “ci farà bene a tutti”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/09/Papa%20Francesco:%20non%20giudicare%20n%C3%A9%20sparlare%20mai,%20il%20cristiano%20%C3%A8%20mite%20/it1-681025
del sito Radio Vaticana 

Via Crucis al Colosseo. Papa Francesco: "La croce: risposta di Dio al male del mondo"

Via Crucis al Colosseo. Papa Francesco: “La croce: risposta di Dio al male del mondo”

“La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio
non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta
è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono”.


http://it.radiovaticana.va/news/2013/03/29/via_crucis_al_colosseo._papa_francesco:_la_croce:_risposta_di_dio_a/it1-678184

Papa Francesco nella Messa del Crisma: I sacerdoti siani pastori in mezzo alla gente

Siate pastori in mezzo alla gente: è quanto ha affermato Papa Francesco stamani nell’omelia della Messa del Crisma presieduta nella Basilica di San Pietro. “Con gioia – ha esordito – celebro la prima Messa Crismale come Vescovo di Roma. Vi saluto tutti con affetto, in particolare voi, cari sacerdoti, che oggi, come me, ricordate il giorno dell’Ordinazione”.

“Le Letture e anche il Salmo – ha proseguito – ci parlano degli ‘Unti’: il Servo di Javhè di Isaia, il re Davide e Gesù nostro Signore. I tre hanno in comune che l’unzione che ricevono è destinata a ungere il popolo fedele di Dio di cui sono servitori; la loro unzione è per i poveri, per i prigionieri, per gli oppressi… Un’immagine molto bella di questo “essere per” del santo crisma è quella del Salmo 133: «È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste» (Sal 133,2). L’immagine dell’olio che si sparge, che scende dalla barba di Aronne fino all’orlo delle sue vesti sacre, è immagine dell’unzione sacerdotale che per mezzo dell’Unto giunge fino ai confini dell’universo rappresentato nelle vesti”.

Il Papa ha sottolineato che “le vesti sacre del Sommo Sacerdote sono ricche di simbolismi; uno di essi è quello dei nomi dei figli di Israele impressi sopra le pietre di onice che adornavano le spalle dell’efod dal quale proviene la nostra attuale casula: sei sopra la pietra della spalla destra e sei sopra quella della spalla sinistra (cfr Es 28, 6-14). Anche nel pettorale erano incisi i nomi delle dodici tribù d’Israele (cfr Es 28,21). Ciò significa che il sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore. Quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele, dei nostri santi e dei nostri martiri, che in questo tempo sono tanti!”.

Poi ha aggiunto: “Dalla bellezza di quanto è liturgico, che non è semplice ornamento e gusto per i drappi, bensì presenza della gloria del nostro Dio che risplende nel suo popolo vivo e confortato, passiamo adesso a guardare all’azione. L’olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge “le periferie”. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. L’unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido … e il cuore amaro”.

Ha quindi osservato che “il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo. Questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede. La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: “preghi per me, padre, perché ho questo problema”, “mi benedica padre”, “preghi per me”, sono il segno che l’unzione è arrivata all’orlo del mantello, perché viene trasformata in supplica, supplica del Popolo di Dio”.
“Quando siamo in questa relazione con Dio e con il suo Popolo e la grazia passa attraverso di noi – ha rilevato – allora siamo sacerdoti, mediatori tra Dio e gli uomini. Ciò che intendo sottolineare è che dobbiamo ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, a volte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale – ma lo è solo apparentemente – il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo. Intuire e sentire, come sentì il Signore l’angoscia piena di speranza dell’emorroissa quando toccò il lembo del suo mantello. Questo momento di Gesù, in mezzo alla gente che lo circondava da tutti i lati, incarna tutta la bellezza di Aronne rivestito sacerdotalmente e con l’olio che scende sulle sue vesti. È una bellezza nascosta che risplende solo per quegli occhi pieni di fede della donna che soffriva perdite di sangue. Gli stessi discepoli – futuri sacerdoti – tuttavia non riescono a vedere, non comprendono: nella “periferia esistenziale” vedono solo la superficialità della moltitudine che si stringe da tutti i lati fino a soffocare Gesù (cfr Lc 8,42). Il Signore, al contrario, sente la forza dell’unzione divina che arriva ai bordi del suo mantello”.

Il Papa ha quindi detto: “Così bisogna uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle “periferie” dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni. Non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: i corsi di autoaiuto nella vita possono essere utili, però vivere la nostra vita sacerdotale, passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente”.

“Il sacerdote che esce poco da sé, che unge poco – ha ancora affermato il Papa – non dico “niente” perché – Grazie a Dio – la gente ci ruba l’unzione – si perde il meglio del nostro popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore presbiterale. Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui deriva precisamente l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con “l’odore delle pecore” – questo io vi chiedo: siate pastori con l’”odore delle pecore”, che si senta quello, siate pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini. È vero che la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti e si somma ad una crisi di civiltà; però, se sappiamo infrangere la sua onda, noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti. È bene che la realtà stessa ci porti ad andare là dove ciò che siamo per grazia appare chiaramente come pura grazia, in questo mare del mondo attuale dove vale solo l’unzione – e non la funzione -, e risultano feconde le reti gettate unicamente nel nome di Colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù”.

Poi l’esortazione ai fedeli: “Cari fedeli, siate vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la preghiera perché siano sempre Pastori secondo il cuore di Dio”.
Il Papa ha concluso: “Cari sacerdoti, Dio Padre rinnovi in noi lo Spirito di Santità con cui siamo stati unti, lo rinnovi nel nostro cuore in modo tale che l’unzione giunga a tutti, anche alle “periferie”, là dove il nostro popolo fedele più lo attende ed apprezza. La nostra gente ci senta discepoli del Signore, senta che siamo rivestiti dei loro nomi, che non cerchiamo altra identità; e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto. Amen”. 


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/03/28/I%20sacerdoti%20siani%20pastori%20in%20mezzo%20alla%20gente:%20cos%C3%AC%20Papa%20Francesc/it1-677572
del sito Radio Vaticana 

Incontro storico tra due Papi

“Papa Francesco era molto sereno, sorridente e incoraggiante. E’ stato un incontro pieno di affetto. Il colloquio e’ durato 40-45 minuti, e tra loro c’e’ stata una comunicazione profonda”. Cosi’ padre Federico Lombardi, portavoce della sala stampa vaticana, ai giornalisti ha raccontanto l’incontro tra Papa Francesco e il Papa Emerito svoltosi oggi a Castel Gandolfo. 


Una preghiera per ogni dito della mano

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Una preghiera per ogni dito della mano

1. Il pollice è il dito a te più vicino. Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono più vicini. Sono le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri cari è “un dolce obbligo”.

2. Il dito successivo è l’indice. Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questa categoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti. Hanno bisogno di sostegno e saggezza per indicare agli altri la giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere.

3. Il dito successivo è il più alto. Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presidente, i parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che gestiscono il destino della nostra patria e guidano l’opinione pubblica… Hanno bisogno della guida di Dio.

4. Il quarto dito è l’anulare. Lascerà molti sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole, come può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. È lì per ricordarci di pregare per i più deboli, per chi ha sfide da affrontare, per i malati. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Le preghiere per loro non saranno mai troppe. Ed è li per invitarci a pregare anche per le coppie sposate.
5. E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti, come piccoli dobbiamo sentirci noi di fronte a Dio e al prossimo. Come dice la Bibbia, “gli ultimi saranno i primi”. Il dito mignolo ti ricorda di pregare per te stesso… Dopo che avrai pregato per tutti gli altri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue necessità guardandole dalla giusta prospettiva.

Preghiera che Papa Francesco scrisse una quindicina di anni fa
quando era vescovo di Buenos Aires

(Traduzione di Graziella Filipuzzi)