Figlia, Tu sei perché Io ti ho voluto.
Tutto ciò che sei, Io lo conosco: i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri, le tue inclinazioni, i tuoi gusti, la tua forza e la tua debolezza. So tutto di te.
Ti osservo nei giorni di gioia come nei giorni di pena, seguo le tue angosce, gli slanci e gli scoraggiamenti del tuo spirito.
Scruto i tuoi difetti con tenerezza, ascolto il battito del tuo cuore, il soffio del tuo respiro…. la tua voce mi allieta, mi delizia perfino contare i tuoi capelli. …
Figlia mia, tu sei unica per Me. Amo asciugare le tue lacrime col Mio abbraccio…
Io ti ho riscattata e santificata, ti ho benedetta facendoti dono di quella gloria che sgorga per l’eternità dal Mio Cuore.
A quanto pare il male di questa nostra generazione: la depressione, la stanchezza, lo scoraggiamento ha una cura. Questa cura ce la suggerisce Maria a Medjugorje attraverso i suoi veggenti!
Un giorno la Madonna ci ha detto una bella cosa.
Satana tante volte approfitta di una persona che si sente indegna, che si sente depressa, che ha vergogna di Dio: questo è proprio il momento in cui Satana approfitta per distoglierci da Dio.
La Madonna ci ha detto di avere questa idea fissa: Dio è vostro Padre e non importa come tu sei.
Non lasciate nemmeno un momento di debolezza a Satana, a lui già gli basta per non farti incontrare col Signore.
Mai lasciate Dio perché Satana è troppo forte. Per es.: se hai commesso un peccato, se hai litigato con qualcuno, non rimanere solo, ma chiama subito Dio, chiedigli perdono e vai avanti.
Dopo un peccato ci mettiamo a pensare e a dubitare che Dio mi possa perdonare…
Non così… Noi misuriamo sempre Dio dalla nostra colpa. Diciamo: se il peccato è piccolo Dio mi perdona subito, se il peccato è grave Gli occorre tempo…
A voi servono due minuti per riconoscere di aver peccato; ma al Signore non occorre tempo per perdonare, il Signore perdona subito e voi dovete essere pronti per chiedere e accettare il Suo perdono e non lasciate che Satana approfitti di questi momenti di sbandamento, di deserto.
Chiamatelo come siete, andate avanti subito; davanti a Dio non dovete presentarvi belli e preparati; no, ma andate a Dio come siete così che Dio possa rientrare subito nella vostra vita anche nei momenti in cui si è più peccatori.
Proprio quando ti sembra che il Signore ti ha lasciato è quello il momento di tornare, presentandoti così come sei.
Innanzitutto è necessario dire che la pace del cuore è frutto di una lotta, di una fatica, non si può pensare di acquisirla o riceverla senza percorrere un cammino. Ciò per una ragione molto semplice e nello stesso tempo drammatica: il male vi si oppone con forza e decisione perché Dio “dimora nella pace ed è nella pace che opera grandi cose” (Lorenzo Scupoli). E’ l’esperienza che ha fatto Gesù per primo – dalle tentazioni nel deserto sino alla croce – e che i santi hanno vissuto altrettanto duramente sulla loro pelle. Ciò, però non deve spaventare, perché Cristo ha vinto peccato e morte, ha vinto il male ed il Demonio. Vediamo allora alcuni “accorgimenti” per smascherare la tentazione e progredire verso l’approdo.
1. Cominciare…..
Spesso nella nostra vita cristiana accade che sbagliamo combattimento, che male orientiamo i nostri sforzi. Ci troviamo a combattere si di un terreno in cui il male ci ha condotto e sul quale può vincere e non là dove il combattimento è possibile con l’aiuto di Dio e dove, per questo, siamo sicuri di poter vincere. Il primo passo, dunque, è capire dove condurre la lotta, contro cosa è saggio combattere e dove orientare i nostri sforzi.
Il primo grande inganno su cui è necessario fare chiarezza è che il traguardo da raggiungere non è la perfezione, il non avere difetti o limiti, il non cadere mai, il non avere debolezze. Se combattessimo in questo orizzonte è certo che saremmo sconfitti ed ogni caduta, ogni peccato, ogni errore ci condurrebbe, immancabilmente, allo scoramento, alla delusione, ed alla fine all’abbandono della lotta. Il Signore conosce perfettamente le nostre debolezze e le nostre fatiche, il nostro limite Lui che si è fatto uomo e medico dell’uomo.
La vera lotta spirituale, invece, consiste nel non abbattersi, demoralizzarsi, turbarsi nel constatare la nostra debolezza ed il nostro errore. Perché è proprio quando sono debole che sono forte, bisogna dunque approfittare delle cadute per rialzarsi il più velocemente possibile.
Il primo obbiettivo della lotta spirituale è imparare a custodire il proprio cuore nella pace in tutte le circostanza, anche in caso di sconfitta.
2. Ragioni per cui si perde la pace del cuore
Il primo “campo di battaglia”, il luogo dove più facilmente si perde la pace del cuore è il pensiero, i pensieri. Ci scopriamo spesso ad opporre pensieri cattivi a pensieri buoni che ci aiutino a rasserenarci. Il punto di partenza indispensabile su questo fronte è questo: tutte le ragioni che ci fanno perdere la pace del cuore sono cattive ragioni. Questa certezza non proviene dall’esperienza umana, mondana, ma dalla fede in Colui che ci ha promesso che, laddove ci preoccupassimo del Regno di Dio, sarà Dio stesso a preoccuparsi di noi. Cercare, e anche eventualmente trovare, la pace così come la dà il mondo non è né duraturo né saldo. E’ un pace effimera che presto o tardi crolla (sicurezze economiche, affettive, sociali, di compromesso).
3. Là dove la pace abita
La pace interiore, al di là di qualunque accorgimento o tecnica deriva principalmente da un unico fattore: l’atteggiamento che abbiamo nei confronti di Dio. L’uomo che si oppone al dono di Dio, al suo amore, al suo desiderio di avere una relazione non avrà mai pace del cuore. Al contrario chi cerca Dio, cerca di portare altri a Lui, di testimoniarlo con la vita e con la parola è aperto al dono della pace. A queste due opposte situazioni corrisponde un antitetico atteggiamento da parte del Demonio. In Colui che è lontano da Dio instillerà una falsa pace, una apparente tranquillità. Al contrario chi al Signore è vicino, desidera essergli vicino, sarà indotto in agitazione, in stati che portano alla perdita della pace: false paure, scrupoli etc. Dio, invece, conferma nella pace quanti si sono avvicinati al suo cuore e dona una sana inquietudine a coloro che ne sono lontani.
L’atteggiamento corretto, dunque, è quello dell’uomo di buona volontà che mantiene il suo animo stabile nell’amore a Dio. La conditio sine qua non per avere e mantenere la pace del cuore è l’abituale determinazione a dire sì a Dio in ogni circostanza. Ciò si traduce nell’allontanarsi da quanto ci allontana da Dio e nell’essere santamente inquieti nella tensione a corrispondere all’amore di Dio riconoscendone i segni. Questo è quanto Dio domanda: questo desiderio, questa tensione a Lui, al Suo amore. Non la realizzazione, ma la continua tensione verso, lo sguardo verso quell’orizzonte.
4. Reagire a quanto ci fa perdere la pace.
a.Non fiducia in Dio. Solitamente la pace si perde guardando al futuro: timore di perdere o non raggiungere qualche cosa o determinate situazioni di vita nostre o di coloro che amiamo, paura di non liberarsi mai da un pesante o faticoso passato o presente. Il vangelo di Matteo ci ricorda che: “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà” dicendoci così che il modo certo per perdere la pace del cuore è la preoccupazione di “assicurare” la vita con le sole forze umane. Questo accade, principalmente, perché non si ha reale fiducia in Dio, nella possibilità che Egli intervenga nella concreta vita di tutti i giorni e che il futuro particolare di ognuno non gli interessi o, peggio, non gli appartenga. Questa sfiducia è poi mascherata con un falso atteggiamento di maturità, capacità di assumere responsabilità, orgoglioso isolamento. Eppure un bambino non agisce così e non dubita mai del Padre. A motivo di un falso “dolorismo” e di un errata comprensione della croce di Cristo dubitiamo che Dio davvero ci possa rendere felici già qui ed ora. Questa diffidenza è la traccia del peccato originale, ci accomuna tutti sino a farci dire o Io o Dio così come disse Adamo. Questo avviene, nella maggioranza dei casi, perché non siamo capaci di vedere Dio all’opera intorno a noi, nella nostra vita e ciò si verifica perché ribaltiamo l’ordine logico e teologico del nostro pensare ed agire. Desideriamo credere solo dopo aver visto. Il modo di agire e di pensare di Dio è, invece, opposto. Prima è necessario credere e poi si sperimenta la Provvidenza di Dio. Così i miracoli che Gesù ha fatto, così la vita dei santi: “Dio dona nella misura che noi attendiamo da Lui” scriveva S. Giovanni della Croce. Non credendo nella Provvidenza di Dio non se ne fa esperienza e non facendone esperienza non si crede. Abbandonandosi a Dio, invece, si scoprirà che Egli è molto più generoso delle nostre stesse aspettative!
b. Paura della sofferenza. Abbandonarsi a Dio non significa non soffrire. Gesù ha mostrato con la sua vita, non solo con la morte di Croce, che la sofferenza talora è necessaria, e quindi permessa da Dio. Tuttavia, come ricorda S. Teresa di Gesù Bambino, Dio non permette mai delle sofferenze inutili.
Come reagire a questi e agli altri possibili fattori che nell’esperienza della vita ci fanno perdere la pace? Con uno sguardo su Cristo contemplativo. Esso è uno sguardo di fede e di amore su Gesù, senza troppe speculazioni intellettuali o ragionamenti né calcoli. Lo sguardo meravigliato ed amoroso del bambino. Con la frequentazione a Lui ed alla sua parola, piano piano, abiterò il nostro cuore e nello Spirito dona quelle certezze che fugano paure ed ansie. Non si tratta di un processo psicologico ma di amore che abita il cuore amando. Evidentemente tanto più il cuore è ingombro di altro tanto meno può essere abitato dallo Spirito. Ciò che non abbandoneremo – in senso spirituale, prima ancora che reale – continuerà a renderci inquieti. E’ necessario lasciare tutto non per tutto perdere ma affinché Dio gestisca il necessario. E’ infatti una delle tentazioni peggiori quella di pensare che Dio chieda per distruggere o togliere o prendere per sempre. La disponibilità che Dio chiede non è mai per la morte, ma per la vita. Se qualche cosa effettivamente sarà tolto sarà la cellula cancerosa, anche se tale non sembrava, ma che avrebbe alla lunga fatto ammalare ed ucciso tutto il corpo. E quando questo dovesse accadere, in un sereno abbandono al Signore, Egli non farà mancare la forza necessaria al distacco. L’abbandono, in ogni caso, non è facile né naturale, è una grazia che deve essere chiesta a Dio che non la rifiuterà perché, certamente, essa è nel suo desiderio. Chiedere, dunque, con la fede di essere ascoltati e la perseveranza di chi sa che i tempi del Signore non sono i nostri.
c. Mi manca qualche cosa. Una tentazione in questa fase si insinua facilmente: quella di pensare che ci manchi qualche cosa ora, nel nostro oggi, e che questo qualcosa non possa che bloccarci. E’, appunto, una tentazione. Ogni momento abbiamo l’essenziale per crescere nella fede e spiritualmente. Se questo non ci è evidente la causa, molto probabilmente è dal cercare nel nostro guardare. L’essere centrati su se stessi, molto banalmente, è ciò che impedisce di essere centrati altrove, in Dio.
d. La sofferenza di chi amiamo. Essa ci turba, sentiamo spesso impotenza nei confronti del male, fisico o spirituale, che assale i nostri cari. Il nodo da risolvere, in questi casi, è quale sia l’amore che proviamo per loro, se esso viene da Dio oppure no e, quindi, finisce per non essere amore. Se la sofferenza di cui parliamo è tale da farci perdere la pace del cuore ciò significa che il nostro amore non è ancora del tutto fondato in Dio. Ciò che vale per noi, infatti, vale anche per coloro che amiamo. La compassione, per essere autentica, deve essere radicata nell’amore (volere il bene secondo il cuore di Dio), altrimenti è radicata nel timore (avere paura della sofferenza in sé, di perdere qualche cosa o qualcuno). La preghiera, in questo caso, non è l’ultima possibilità, è il primo bene da cercare ed in cui perseverare. La vera compassione è, prima di tutto, comunicazione di pace che fonda la speranza e dona la serenità.
e. I difetti degli altri. Senza dolcezza e tranquillità coloro che sono intorno a noi, a maggior ragione se limitati, non progrediranno mai. Solo lo Spirito è capace di condurre al Bene chi vi è lontano e lo Spirito non abita chi si adira e perde la pace a motivo delle mancanze altrui. Il buon proposito e la buona fede, in questi casi, non coprono alcunché, anzi sono abili maschere con cui il Male vanifica ogni sforzo. Più genericamente possiamo dire che un desiderio, che pare in sé eccellente, se ci fa perdere la pace non viene da Dio. Dobbiamo desiderare qualsiasi cosa, anche la conversione di altri, in modo tale che la mancata realizzazione di questo desiderio non ci faccia perdere la pace. Giova qui ricordare che la pace del cuore non è affatto quietismo ma la fiducia che, alla fine, Dio è Signore di tutto e tutto lui conduce. Di qui nasce l’esigenza di essere pazienti, sia con se stessi sia, soprattutto, con l’altro e gli altri da noi. Dio ama tanto me quanto quelle situazioni e persone che mi sono care e, dunque, perché volere anticipare i suoi tempi? Spesso ciò accade perché manchiamo di fiducia e, sottilmente, pensiamo di saperne più di lui. La verità è l’esatto opposto!
f. Il peccato, gli scrupoli. Un criterio molto importante per guardare serenamente a se stessi è che non tutte le critiche mosse dalla nostra coscienza vengono dallo Spirito. Spesso hanno altra origine: orgoglio, vanagloria, erronea rappresentazione di se stessi e del bene. Di fronte al peccato ciò che è più grave non è il fatto in sé, l’azione o l’omissione, ma l’abbattimento che ne deriva. E’ cresciuto spiritualmente non chi non pecca più ma chi si rialza subito dopo averlo fatto! In questi casi non ci si deve auto-punire stando lontani da Dio, ma è l’esatto opposto quanto si deve fare. Cercare subito la pace del cuore facendolo riposare in Dio Amore.
g. Le decisioni da prendere. Vi sono dei casi in cui la volontà di Dio è espressa, altri in cui – le decisioni di minor conto – non lo è così chiaramente o non lo è affatto. Facilmente si perde la pace nel desiderio di “fare la volontà di Dio”. Egli ci ha lasciati e ci lascia liberi, dunque non dobbiamo semplicemente fare quanto ci dice ma liberamente fare cercando la Sua volontà. Questo fa di noi persone libere ma non autosufficienti. E’ importante il consiglio di altri, lo studio delle situazioni, la pazienza nell’attendere i risultati, la perseveranza nella ricerca. Questa è, prima di tutto, la volontà di Dio, il metodo che Dio desidera per chiunque. Scriveva suor Fuastina Kowalska che, una volta fatto tutto quanto si è detto con onestà che se l’indecisione permane: “[…] qualunque cosa io faccia andrà bene, visto che ho l’intenzione di fare del mio meglio”. Dobbiamo accettare di poter sbagliare, e farlo ogni tanto non di proposito ovviamente, ci rende umili di fronte agli altri e ci ricorda che senza Dio non possiamo fare nulla, che senza di Lui il raccolto va disperso. Una classica tentazione del Maligno è quella di farci perseguire imprese belle e nobili ma totalmente fuori della nostra portata. Ciò allo scopo di scoraggiarci e di farci perdere la pace del cuore e la perseveranza nelle piccole imprese buone che quotidianamente portiamo avanti. La tentazione del non fare abbastanza per Dio o che quello che facciamo non lo facciamo per Lui è sempre in agguato: per smascherarla è sufficiente verificare se questi pensieri ci fanno perdere o no la pace del cuore.
5. Regole d’oro.
E’ perfetto colui che ama di più, non chi è perfetto! Saremo santi quando le nostre imperfezioni, incapacità e limiti saranno fonte di gioia e serenità nella fiducia e nell’abbraccio della misericordia di Dio.
Se non sei capace o non puoi grandi cose non ti scoraggiare, sei certamente capace di piccole ed è in quel poco che il Signore valuterà e premierà la tua fedeltà. La pace con cui porterai avanti la tua quotidianità, con costanza ed amore, sarà il luogo dove il Signore ti incontrerà: ci ricorda S. Paolo, l’apostolo, il missionario, il sanguigno persecutore dei cristiani e poi lo zelante testimone del Cristo risorto sino agli estremi confini della terra che non bisogna angustiarsi per nulla ma esporre a Dio le nostre richieste con preghiere, suppliche e canti e ringraziamenti e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori ed i vostri pensieri in Cristo Gesù (Lettera ai Filippesi 4, 6-7)
Oggi, Padre, mi voglio presentare davanti a te come tuo figlio.
Tu mi conosci per nome. Volgi i tuoi occhi di Padre amoroso sulla mia vita.
Come sei grande, Signore, Dio Trino ed Uno!
AMEN.
Dialogo fra Dio Misericordioso e l’anima che soffre
– Gesù: «O anima, ti vedo tanto sofferente, vedo che non hai nemmeno le forze per parlare con Me. Ecco che ti parlerò Io, o anima. Anche se le tue sofferenze fossero le più grandi, non perdere la serenità dello spirito e non lasciarti vincere dallo sconforto. Però dimmi, bambina Mia, chi ha osato ferire il tuo cuore? RaccontaMi tutto, raccontaMi tutto, sii sincera nel trattare con Me. SvelaMi tutte le ferite del tuo cuore, Io le guarirò e la tua sofferenza diverrà la fonte della tua santificazione”
– L’anima:
«Signore, le mie sofferenze sono così grandi, diverse e durano da così lungo tempo, che lo sconforto si è impadronito di me».
– Gesù: «Bambina Mia, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. So che confidi in Me illimitatamente, so che conosci la Mia bontà e Misericordia, perciò potremmo parlare dettagliatamente di tutto ciò che ti pesa maggiormente sul cuore».
– L’anima:
« Sono tante e diverse le cose che ho, che non so di che cosa parlare prima e come dire tutto questo ».
– Gesù: « Parlami con semplicità, come si parla fra due amici. Su, dimmi un po’, bambina Mia, che cos’è che ti frena sulla strada della santità? ».
– L’anima:
«La mancanza di salute mi frena sulla strada della santità, non posso adempire i miei doveri ed eccomi qua, sono proprio una nullità. Non posso mortificarmi, fare un digiuno rigoroso, come hanno fatto i santi, inoltre non credono che io sia malata ed alla sofferenza fisica si aggiunge quella morale e da ciò derivano molte umiliazioni. Vedi bene, Gesù, come si può diventar santa in tali condizioni?».
– Gesù: «Piccola, è vero, tutto ciò è sofferenza, ma per il cielo non c’è altra strada, all’infuori della strada della croce. Io Stesso l’ho percorsa per primo. Sappi che è la strada più corta e la più sicura».
– L’anima:
«Signore, ecco ancora un altro impedimento ed un ostacolo sulla strada della santità. Mi perseguitano perché Ti sono fedele e per questo motivo mi fanno soffrire».
– Gesù: «Sappi che siccome non sei di questo mondo, il mondo ti odia. Ha perseguitato prima Me. Questa persecuzione è il segno che segui fedelmente le Mie orme».
– L’anima:
«Signore, un’altra cosa che mi dà sconforto è il fatto che le mie sofferenze interiori non le comprendono né i superiori né il confessore. Le tenebre hanno offuscato la mia mente e, in tali condizioni, come andare avanti? Ecco, tutto ciò in qualche modo contribuisce a scoraggiarmi e penso che le vette della santità non sono per me».
– Gesù: «Ecco, bambina Mia, questa volta Mi hai detto molte cose. Lo so che è una grande sofferenza non essere capiti e per di più da coloro che amiamo e verso i quali la nostra sincerità è grande. Ti basti questo però, che Io comprendo tutte le tue pene e le tue miserie. Gioisco per la profonda fede che hai, nonostante tutto, nei Miei rappresentanti, ma sappi che gli uomini non possono capire totalmente un’anima, poiché ciò è al di sopra delle loro possibilità. Per questo sono restato sulla terra Io stesso, per confortare il tuo cuore addolorato e rafforzare la tua anima, affinché non venga meno lungo il cammino. Tu dici che grandi tenebre coprono la tua mente ed allora perché in quei momenti non vieni da Me, che sono la luce e in un istante posso infondere nella tua anima tanta luce e comprensione della santità che non potrai attingere da nessun libro e che nessun confessore è in grado d’insegnare, illuminando così un’anima? Sappi inoltre che queste tenebre, di cui ti lamenti, le ho sperimentate prima Io per te nell’Orto degli Ulivi. La Mia anima è stata oppressa da una tristezza mortale e a te do una piccola parte di quelle sofferenze, e questo per l’amore particolare che ho verso di te e per l’alto grado di santità che ti destino in cielo. L’anima che soffre è la più vicina al Mio Cuore».
– L’anima:
«Ancora una cosa, Signore. Cosa fare quando vengo disprezzata e respinta dalla gente e specialmente da coloro sui quali avevo diritto di contare e ciò nei momenti di maggior necessità?».
– Gesù: «Bambina Mia, fai il proposito di non contare mai sugli uomini. Farai molte cose, se ti affiderai completamente alla Mia volontà e dirai: Avvenga di me non come voglio io, ma secondo la Tua volontà, o Dio. Sappi che queste parole, dette dal profondo del cuore, portano l’anima in un attimo sulle vette della santità. Per una tale anima ho una speciale predilezione, un’anima del genere Mi rende una grande gloria e riempie il cielo col profumo delle sue virtù. Sappi anche che la forza che hai per sopportare le sofferenze, la devi alla santa Comunione frequente, perciò va spesso a quella fonte di Misericordia ed attingi col recipiente della fiducia tutto ciò che ti serve».
– L’anima:
«Ti ringrazio, Signore, per la tua inconcepibile bontà, per esserTi degnato di rimanere con noi in questo esilio, dove dimori con noi come Dio di Misericordia e diffondi attorno a te lo splendore della tua compassione e bontà. Alla luce dei Tuoi raggi di Misericordia ho conosciuto quanto mi ami».
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